Par nôn scurdês

Par nôn scurdês

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Diversamente da altre pagine  alcuni contenuti in dialetto di questa non saranno corredati da traduzione. Questo non deve essere inteso come  discriminante, ma come stimolo per tutti i graditi visitatori, che lo desiderino, ad approfondire la conoscenza del nostro dialetto cimentandosi in traduzioni personali. Chi fosse interessato alla traduzione può trovarla su Virtual-trêb il forum di approfondimento collegato al sito.

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Nel tempo e col tempo saranno inseriti  profili di personaggi romagnoli caratteristici, a volte troppo presto dimenticati, detti e proverbi di antica saggezza popolare, vocaboli ormai in disuso; nonchè nozioni di fonetica e grafia dialettale romagnola. 

NOTA: Non è propriamente corretto parlare di un generico dialetto romagnolo poichè, come afferma Friedrich Shürr (massimo studioso dei dialetti della Romagna) "non esiste un dialetto romagnolo, ma un'infinità di parlate romagnole" che si differenziano da luogo a luogo, pur conservando una "base comune". Tanto che anche quando si parla di dialetto imolese, faentino, forlivese, cesenate, lughese, riminese e ravennate si dovrebbe ulteriormente discriminare, perchè all'interno di questi ambiti geografici esistono non trascurabili differenze da zona a zona. Al punto che, a seconda dei luoghi o dei rioni cittadini, alcune parole possono assumere sfumature di significato diverse. Le maggiori differenze linguistiche si notano agli estremi dei punti cardinali della regione dove fanno gioco le contaminazioni linguistiche dei dialetti confinanti, è comunque invalsa la teoria che il dialetto più genuino sia quello delle zone centrali romagnole.

Per districarsi in queste differenze idiomatiche , nella maggior parte dei casi non determinanti ai fini della comprensione solo per chi è romagnolo, un aiuto notevole viene dall'esistenza di letteratura tematica quali i vocabolari. E' singolare però il fatto che nessuno, fino ad ora, abbia mai dato alle stampe un dizionario del dialetto forlivese con traduzione in italiano. Nel 1953 un gruppo di studiosi, presieduto da Aldo Spallicci, si riunì nella sede della Rubiconia Accademia dei Filopatridi , allo scopo di esaminare la possibilità di compilare un vocabolario, non solo del dialetto forlivese ma dell’intera Romagna. Un'opera che avrebbe dovuto mettere ordine nelle varie parlate, e dettare le basi per una grafia convenzionale a cui fare riferimento. In una successiva riunione fu deciso di suddividere la Romagna in zone, assegnando ad ogni vocabolarista ivi residente il compito di raccogliere e registrare i vari vocaboli in apposite schede. Delle poche schede riconsegnate la maggior parte risultò essere incompleta e quindi non utilizzabile. Un successivo ulteriore tentativo naufragò miseramente.

Esistono per la nostra regione il vocabolario di A. Morri (Ediz. 1840) per il dialetto faentino, quello di A. Mattioli (Ediz. 1879) per il dialetto imolese, quello di  G. Quondamatteo (Ediz. 1982) per il dialetto riminese e quello di  L. Ercolani (ultima ediz. 1994) per il dialetto ravennate, oltre a glossari minori, tra i quali  quello di Paolo Bonaguri (Ediz.1995) dal titolo " Par nôn scurdës - Un vocabolarietto da leggere" per il dialetto forlivese.

In fatto di scrittura si osserva che è imperante una notevole confusione: ogni scrittore o poeta dialettale usa e detta a piè di pagina una "sua" grafia che alle volte, sembra essere espressione di un istintivo "orecchio pratico", piuttosto che di meditata razionalizzazione. Questa variabilità della scrittura comporta per i lettori difficoltà non trascurabili, e tolgono loro il piacere di una lettura facile e scorrevole. Inoltre,  porta a far si che vadano sempre più diffondendosi parole che per osmosi migrano dall'italiano al dialetto: parole italiane "dialettizzate" , come tëlpa (talpa) invece di pónga, o tap (tappo) invece di ciutúr. Cosi pure il processo di migrazione inverso, dal dialetto all'italiano, relativo a parole dialettali "italianizzate", come: cucchiaioli (da cuciarúl) invece di castagne secche, o radicini (da radisên) invece di ravanelli, ecc. Da notare come l'inversione dialetto-italiano venga molto utilizzata dai comici romagnoli per le loro gag, come: invornito (invurní) invece di frastornato, tonto. Va da sé che questi vocaboli, se vengono usati in un contesto avulso dalla vis comica, costituiscono un macroscopico errore linguistico.


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